Una sentenza importante poiché stabilisce un principio fondamentale in tema di sede lavorativa.  Una OSS residente con figlia portatrice di handicap viene assegnata, da parte dell’ATS a una sede distante.
Lo Studio Legale De Angelis vince il ricorso d’urgenza. Le motivazioni del giudice sanciscono che non può mai essere trasferita la lavoratrice con figlio portatore di handicap. Ecco la sentenza.

TRIBUNALE Dl CAGLIARI
SEZIONE LAVORO
IL GIUDICE

– a scioglimento della riserva;
– letti gli atti e la documentazione di causa;

OSSERVA

1. Con ricorso ex art. 700 c.p.c., depositato il 10 luglio 2020, C.M. ha agito in giudizio nei confronti della datrice di lavoro ATS Sardegna, esponendo:

– di aver lavorato alle dipendenze dell’ATS come operatrice socio sanitaria presso l’Area socio-sanitaria locale di Sanluri, in forza di un contratto di lavoro a termine con decorrenza dal 1° giugno 2019 e scadenza al 31 novembre 2019, prorogata fino al 31 maggio 2020;

– che l’ATS l’aveva contattata telefonicamente nel mese di aprile 2020 per comunicarle l’assunzione a tempo indeterminato, in forza dello scorrimento di una graduatoria approvata nel luglio 2015, all’esito di Concorso pubblico, preannunciandole che le sarebbe stata assegnata una
“nuova sede di servizio” presso l’Area socio-sanitaria locale di Olbia, ospedale di La Maddalena,Con effetto dal 4 maggio 2020;

– di aver prontamente contestato la scelta dell’Azienda di disporne il “trasferimento”, facendo presente di essere madre di minore portatrice di handicap in situazione di gravità, per cui aveva domandato di mantenere la sede di servizio in Sanluri, Comune della propria residenza;

– che l’Azienda non aveva raccolto la sua richiesta;

– di essere stata costretta a stipulare il contratto di lavoro in data 30 aprile 2020 con assegnazione di sede a La Maddalena.

Sulla base della rappresentazione in fatto sopra sintetizzata, 1a ricorrente, ritenendo illegittime le determinazioni della datrice di lavoro, in ordine al “trasferimento” a La Maddalena, distante “circa trecento chilometri” dal luogo di residenza, suscettibile di impedire l’attività di assistenza prestata alla figlia disabile, ha domandato al Tribunale di ordinare all’ATS Sardegna di “reintegrarla” presso “l ‘originaria sede di designazione” o di assumere “ogni altro provvedimento che appaia secondo le circostanze più idoneo ad assicurare la tutela”, sulla base di quanto previsto dall’art- 33, comma 5, l. 5 febbraio 1992, n. 104.

Ha resistito in giudizio l’Amministrazione convenuta, la quale, peraltro, in corso di causa, ha spontaneamente assegnato la ricorrente all’Area socio-sanitaria locale di Sanluri con decorrenza dal 1 ottobre 2020, ai sensi dell’art. 33, comma 5, L 104/1992.

2. All’udienza del 18 settembre 2020 le parti, in virtù del provvedimento sopra menzionato, hanno domandato al Tribunale di dichiarare cessata la materia del contendere.
Essendo venuta meno la ragione d’urgenza giustificativa del presente giudizio, non resta al Tribunale che dichiarare cessata la materia del contendere, come richiesto dalle parti.

É peraltro appena il caso di osservare, incidentalmente, che l’Amministrazione ha definito l’assegnazione di sede presso Sanluri come “temporanea”, caratteristica che collide con la norma che la stessa ATS ha dichiarato espressamente di voler applicare, e cioè l’art. 33, comma 5 della l. 104/1992.

Infatti, sia che si tratti di assegnazione di prima sede, sia che si tratti di mobilità lavorativa, la tutela prevista dall’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, nel quadro della finalità di assistenza di persone portatrici di handicap, non ha alcun carattere temporaneo e non può essere assimilata, ad esempio, a quella concessa ex art. 42 bis d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che contempla, questa si, un’ipotesi di trasferimento di natura temporanea (cfr. Corte appello Milano, 12 giugno 2017, n. 1154).

3 Le spese di lite devono essere liquidate secondo i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di c.d. soccombenza virtuale, valutando la fondatezza del ricorso con riferimento alla data del suo deposito.

E’ stata richiesta dalla ricorrente l’applicazione delle tutele previste dall’art. 33, comma 5, l. 5 febbraio 1992, n. 104, che nel testo vigente dispone che il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado (ovvero entro il terzo grado, in presenza di ulteriori presupposti) “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede“.

La Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che il diritto del genitore o del familiare lavoratore, che assiste un portatore di handicap, di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, disciplinato dall’art. 33, comma 5, l. n. 104 del 1992, non si configura come assoluto ed illimitato, giacché esso – come dimostrato anche dalla presenza dell’inciso ove possibile – può essere fatto valere allorquando, alla stregua di un equo bilanciamento tra tutti gli implicati interessi costituzionalmente rilevanti, il suo esercizio non finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive od organizzative del datore di lavoro e per tradursi – soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporto di lavoro pubblico – in un danno per l’interesse della collettività, gravando sulla parte datoriale, privata o pubblica, l’onere della prova di siffatte circostanze ostative all’esercizio dell’anzidetto diritto (tra tutte, vedasi Cass. civ, S.U., 27 marzo 2008, n. 7945).

Nel caso di specie, vertendosi in materia di assunzione a tempo indeterminato nel settore del pubblico impiego, pur se successiva alla stipulazione di un contratto a termine ancora in corso di attuazione al tempo della immissione in ruolo, appare corretto non parlare di trasferimento quanto piuttosto di scelta della prima sede di servizio.
Ma la norma di riferimento è comunque identica per entrambe le ipotesi.

Ciò precisato, è documentalmente dimostrato lo status di portatrice di handicap grave in capo alla figlia della ricorrente e non è contestato che la madre sia la principale risorsa che le assicura assistenza, presso la residenza familiare sita in Sanluri.

C.M. ha domandato, al tempo dell’assunzione, di poter scegliere la sede più vicina a quella di residenza, e precisamente quella di Sanluri, dove già risultava impiegata come operatrice socio sanitaria, in forza del pregresso contratto di lavoro a termine con la ATS.

La resistente non ha assolto l’onere della prova dell’esistenza di un interesse organizzativo all’assegnazione della sede di La Maddalena piuttosto che all’assegnazione di una sede di servizio più vicina alla residenza della ricorrente, né 1a prova di un danno per la collettività dalla assegnazione delle sede di Sanluri o altra sede viciniore.

La stessa ATS, nel costituirsi in giudizio, ha riconosciuto di aver autorizzato l’assunzione a tempo indeterminato di n. 89 operatori socio sanitari, tra cui la ricorrente, mediante lo scorrimento di pregresse graduatorie concorsuali ancora valide ed efficaci, da assegnare quanto a n. 33 alla Assl di Olbia, n. 52 allaAssl di Cagliari e n. 4 allaAssl di Sassari, con la determinazione dirigenziale n. 1297 del 9 marzo 2020. Ebbene, anche solo attenendosi alle sue allegazioni, la ATS, nell ‘individuare la sede da assegnare alla ricorrente, ben avrebbe potuto scegliere quella di Cagliari, piuttosto che quella rientrante nel distretto di Olbia, ben più distante da Sanluri. Non senza considerare che non sono state offerte prove delle ragioni per cui non potesse essere assegnata la sede di Sanluri.

Ai sensi dell’art. 91 c.p.c„ l’ATS deve essere quindi condannata alla rifusione in favore della controparte delle spese processuali, liquidate come in dispositivo, ai sensi del d.m. 10 marzo 2014, n. 55 , secondo la tabella per i procedimenti cautelari.

Si tiene conto dei valori minimi di tabella la fase di studio, introduttiva e decisoria, come quantificati in una delle due note spese depositate dal difensore della ricorrente all’ultima udienza, in considerazione della natura non complessa della controversia, oltre che dell’esito della lite.

La liquidazione dei compensi per la fase istruttoria non è stata richiesta e sarebbe stata comunque esclusa, posto che sostanzialmente non si è svolta.

3.2. Deve disporsi la distrazione dei compensi e delle spese in favore del difensore con procura della ricorrente, ai sensi dell’art. 93 c.p.c., avendone il medesimo dichiarato la mancata riscossione e l’ anticipazione.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione,

– dichiara cessata la materia del contendere sulla domanda cautelare della ricorrente;
– condanna l’ATS alla rifusione in favore della ricorrente delle spese del giudizio, che liquida in euro (…) per compenso professionale, oltre euro (…) per spese di contributo unificato, oltre spese generali al 15% ed oltre accessori di legge, disponendone la distrazione in favore dell’avv. Luca De Angelis.

Si comunichi.

Cagliari: 9 ottobre 2020.

Il Giudice