Partecipare a un concorso pubblico, avere diritto a un posto in quanto disabile, vincere e poi essere esclusi illegittimamente dopo una rivisitazione della graduatoria da parte dell’amministrazione pubblica.
Questo quadro, che riprende quanto accaduto a un’operatrice socio sanitaria cagliaritana, ha avuto due conseguenze: la prima è stata l’assunzione della donna con due anni di ritardo (2012) rispetto agli altri (2010); la seconda è l’aver attestato, in questa vicenda, la violazione del diritto soggettivo (proprio della persona) ad avere il posto di lavoro, più che la violazione dell’interesse legittimo al corretto svolgimento della procedura di selezione.
È la sentenza del giudice civile nella causa che contrapponeva la oss C.M. alla Asl 8, condannata a risarcire la donna (con le retribuzioni non avute dal maggio 2010 al marzo 2012) e a pagare 4.725 euro di spese processuali.
Il bando era stato pubblicato nel 2008. La concorsista, che faceva parte delle liste riservate alle categorie protette di lavoratori, era finita quarta; poi una verifica (su richiesta di altri partecipanti) l’aveva fatta scivolare prima al quinto posto (ultimo utile) e poi al 456esimo. Nel 2011 il ricorso era stato accolto dal Consiglio di Stato e dal seguente decreto del Capo dello Stato, che avevano riconosciuto illegittima la decisione.
L’assunzione era arrivata nel 2012. La causa all’azienda sanitaria per il mancato guadagno e la perdita di chance era stata intentata dall’avvocato Luca De Angelis nel giugno 2013.
Nella decisione il giudice spiega che l’amministrazione pubblica, terminato il concorso e approvata la graduatoria, «non ha margini di discrezionalità sulla posizione soggettiva dell’invalido», cioè sul diritto al posto riservato in quanto appartenente alla categoria protetta. La Asl 8 «ha commesso un errore non scusabile»: Masala era stata esclusa «dalla quota di riserva» per inserirvi un concorsista «già cancellato dalle liste degli invalidi civili e non disoccupato». Quindi «non meritava la preferenza» che spettava a Masala. La Asl «ha responsabilità contrattuale e deve risarcire», (an m).
L’Unione Sarda – 14 Giugno 2020